Lungo il sentiero #74

Foto di Roberto Sacchet
Lungo il sentiero #74

Metà di Luglio. Un giovane lupo sì gode i primi mesi di vita immerso nell’ambiente protetto del bosco nel sito di rendez-vous, ignaro dei grandi dibattiti in corso in merito al ritorno della sua specie nelle Alpi.

Il quadro è in forte evoluzione, ma lo scenario che prevede un ritorno alle pratiche di abbattimento di alcuni lupi si profila tra quelli possibili anche nel nostro Paese. Guardando alla storia recente (ultimi 50 anni), si tratterebbe indubbiamente di un fatto nuovo, che avverrebbe nonostante il permanere di un quadro normativo complessivo di “particolare protezione” di questa specie a livello nazionale ed europeo (status recentemente confermato anche dal Comitato permanente della Convenzione di Berna).

I primi atti normativi a tutela del lupo risalgono infatti agli anni ’70 (23 luglio 1971, c.d. decreto “Natali” e 22 novembre 1976, c.d. decreto “Marcora”) quando viene tolto definitivamente dalla lista delle specie nocive e vietato in tutto il territorio nazionale l’esercizio venatorio rivolto al lupo e l’utilizzo di bocconi avvelenati per il controllo degli animali predatori selvatici. È un notevole punto di svolta se si pensa che la prima legislazione sulla caccia (R.D. 24 giugno 1923 n. 1420), all’articolo 18, recitava: “La presa degli animali nocivi e feroci può essere fatta con lacci, tagliole e bocconi…”.

Sempre in quegli anni importanti convenzioni internazionali venivano firmate per la tutela delle specie a rischio di estinzione, in particolare la convenzione di Washington (3 marzo 1973, c.d. CITES) sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione ratificata in Italia con la legge del 19 dicembre 1975 n. 874, che colloca il lupo italiano all’interno dell’Appendice II (specie potenzialmente minacciate). A distanza di pochi anni, il 19 settembre del 1979, viene firmata la convenzione di Berna relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa e ratificata in Italia con la legge del 5 agosto 1981 n. 503 che vede il lupo comparire nell’allegato II tra le specie di fauna “rigorosamente protette” (status confermato a Novembre 2022). Tra i divieti, sanciti per gli Stati firmatari della convenzione, vi è quello riguardante qualsiasi forma di cattura, detenzione e uccisione intenzionale ad eccezione della presenza di alcune condizioni per le quali è possibile ottenere la deroga e descritte dall’art. 9 comma I°.

Anche la legge quadro sulla caccia dell’11 febbraio 1992 n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”, inserisce il lupo tra le specie particolarmente protette, anche sotto il profilo sanzionatorio, e ne vieta la cattura e l’eventuale abbattimento nonché la detenzione.

Successivamente, al fine di innalzare il livello di protezione previsto dalla convenzione CITES, con il regolamento CEE 338/97 del 9 dicembre 1996 relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio, il lupo italiano viene inserito all’interno dell’Allegato A che comprende le specie per le quali è prevista una tutela più rigorosa. L’anno successivo con il D.P.R. dell’8 settembre 1997, n. 357 viene recepita nel nostro ordinamento la Direttiva Habitat (Direttiva 92/43/CEE) relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna che afferma ancora una volta la completa protezione del lupo, inserito in questo caso sia in allegato II (specie prioritarie di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione) che in allegato IV (specie di animali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa).

Vi è tuttavia la possibilità di deroga al divieto di cattura e uccisione nei soli casi descritti dall’art. 16 “A condizione che non esista un’altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale…” e recepito dall’art. 11, comma 1°, del d.P.R. n. 357 del 1997. Il potere di deroga è di esclusiva pertinenza dello Stato e spetta al Ministero competente (attualmente Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica), sentita anche ISPRA.

Unica eccezione, in Italia, sono le due leggi delle Province autonome di Trento e Bolzano, rispettivamente dell’11 luglio 2018 n.9 e del 16 luglio 2018 n.11. Tali leggi prevedono, unicamente per orso (Ursus arctos) e lupo (Canis lupus) la possibilità da parte del Presidente della Provincia, previo parere dell’ISPRA, di autorizzare il prelievo, la cattura o l’uccisione, a condizione che non esista un’altra soluzione valida e che il prelievo non pregiudichi il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente della popolazione della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale.

Una simile proposta di legge statale è stata avanzata anche dalla Regione Veneto con la proposta di legge n.54 del 2019 “Misure di prevenzione dei danni provocati dai grandi carnivori e di contenimento delle popolazioni in esubero rispetto alla sopportabilità del territorio e alla loro compatibilità con le attività antropiche”.

La possibilità concreta di applicazione di queste deroghe è oggetto di accesi dibattiti e soprattutto di pronunciamenti da parte dei tribunali, come nel caso della recente Ordinanza di abbattimento di due lupi firmata dalla Provincia di Trento, con conseguenti ricorsi e controricorsi al TAR e al Consiglio di Stato.

Insomma, si intravede un futuro quanto mai incerto per il “nostro” giovane lupo il cui futuro potrebbe essere condizionato non solo dalla dura lotta per la sopravvivenza, ma anche dalle decisioni prese nelle aule dei tribunali.

Testo di Bruno Boz e Ivan Mazzon