La ricchezza faunistica

IL CUORE SELVAGGIO DEL PARCO

La ricchezza faunistica del territorio dei lupi

Di Bruno Boz e Enrico Vettorazzo1

1 Responsabile dei settori di comunicazione, divulgazione, educazione ambientale, ricerca scientifica e faunistica del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi

L’area del Parco occupata dalla famiglia di lupi protagonista di questo progetto, sia per la sua posizione baricentrica, sia soprattutto per la sua ricchezza faunistica, è da molti considerata il vero cuore selvaggio dell’area protetta.

A favorire questa ricchezza concorrono vari fattori, dalla protezione naturale legata alla difficile accessibilità dei luoghi, alla continuità nelle azioni di tutela e protezione, al permanere (parziale) dell’attività di pascolo in alta quota, alla ricchezza e varietà degli habitat presenti. Si passa infatti dalle ultime propaggini della faggete o piceo-faggete di versante, ai boschi radi di larice che sfumano via via nelle sempre più estese mughete accompagnate da altre formazioni arbustive a ontano verde, salice, mirtillo nero, sorbo alpino e ginepro nano; queste, dove il pascolo permane o alle quote più elevate, lasciano il posto alle praterie d’alta quota, zone di pascolo per importanti popolazioni di camoscio, muflone e cervo, ma anche habitat d’elezione per uccelli di notevole valore conservazionistico, quali pernice bianca (Lagopus muta) e coturnice (Alectoris graeca).

Una femmina di cervo attraversa un camminamento erboso su una balconata carsica con vista su uno degli scenari più belli di tutto il Parco, i Piani Eterni. (Foto di Ivan Mazzon)

Nonostante la natura carsica dell’area, permangono alcuni ambienti umidi sia temporanei che permanenti, indispensabili per garantire la presenza di molti gruppi faunistici e rappresentati prevalentemente dalle pozze d’alpeggio e dagli accumuli d’acqua in marmitte scavate nella roccia. Non mancano infine le zone rocciose, caratterizzate sia da estese pareti verticali, ottimali per numerose specie con abitudini rupicole, sia da zone di ghiaione e macereti ricche di nascondigli e cunicoli.

Grazie ai repentini salti di quota, all’influenza della diversa esposizione, dei substrati e delle passate attività umane, ambienti così diversi risultano essere in realtà spesso contigui, parzialmente sovrapposti e fortemente interconnessi in un disordinato mosaico di habitat.

Questo favorisce il permanere di molte specie animali, quali ad esempio il cervo (Cervus elaphus) ed il fagiano di monte (Tetrao tetrix), che utilizzano ambienti diversi per attuare fasi altrettanto diverse del loro ciclo di vita; ad esempio il bosco o la mugheta come zona di riposo e rifugio e gli ambienti aperti per la caccia, il pascolo o per il compimento di alcune fasi dei rituali riproduttivi.

Prime nebbie autunnali sul lariceto dei Piani Eterni, uno degli habitat di riposo e rifugio di diverse specie. (Foto di Bruno Boz)

Procedendo con maggior ordine, ma senza pretese di esaustività, tra i mammiferi vanno sicuramente segnalate le già richiamate abbondanti popolazioni di cervo (Cervus elaphus), di muflone (Ovis musimon) e, oggi in leggera ripresa dopo i nefasti effetti della recente epidemia di rogna sarcoptica (post 63), di camoscio alpino (Rupicapra rupicapra), cui si è aggiunto negli ultimi anni il cinghiale (Sus scrofa).

Il camoscio predilige le zone di cengia ed i pascoli alti, ed è possibile scorgerlo sulle tante creste ed avvallamenti che caratterizzano la salita dalla Casèra Erèra a Forcella dell’Òmo, sia rivolgendo lo sguardo verso il M. Brendòl sia verso il Col del Demonio; le madri con i piccoli dell’anno tendono invece a frequentare gli irraggiungibili ghiaioni che digradano a nord verso la Val delle Móneghe o a est verso il Vallone di Campotoróndo. Individui isolati si spingono anche nei lariceti di Pinèa o del Porzìl, mentre si dimostrano piuttosto reticenti a frequentare la Piana di Erèra – Brendòl.

Il muflone, introdotto a scopi venatori nella seconda metà del secolo scorso (post 4), ha abitudini simili, anche se si spinge invece con maggiore frequenza ad abbeverarsi nelle pozze di Campotoróndo e della Piana di Erèra, per poi sparire fra i tortuosi percorsi della limitrofa mugheta. Fra gli ungulati forse è quello che ha cambiato maggiormente le aree di frequentazione con l’arrivo del lupo.

Mufloni nel tipico ambiente carsico che caratterizza il complesso del Col Dorin e M. Cimia. (Foto di Roberto Sacchet)

L’osservazione della spettacolare fase di bramito del cervo nella Piana di Erèra – Brendòl o nella conca di Campotoróndo permane, nonostante la presenza del lupo abbia reso più prudenti i cervi nell’uscire allo scoperto, soprattutto nel settore di Erèra – Brendòl. I maschi adulti raggiungono le zone aperte con le prime brume serali e, se indisturbati, proseguono nel loro ancestrale rituale fino a mattina inoltrata, per poi tornare esausti alla ricerca di un po’ di riposo fra i mughi ed i versanti meno visibili. In questa fase i gruppi di femmine e di fusoni si concentrano in zone più periferiche lasciando la massima visibilità ai maschi adulti. Infine tra gli ungulati, passa molto più inosservata la presenza del capriolo (Capreolus capreolus) che predilige le zone boscate dei versanti sottostanti.

Fra i roditori la marmotta (Marmota marmota) è ritornata a popolare i Piani Eterni a partire dal 2006/2007, grazie ad un progetto di reintroduzione dell’Ente Parco, che ha previsto l’inserimento di una quarantina di individui provenienti dalla zona compresa tra il Passo Pordói e Chèrz, nei pressi di Livinallongo, e dal Parco Nazionale dello Stelvio. Da allora sono in corso studi per monitorare il successo del progetto; ciò che è evidente agli escursionisti è la presenza ormai consolidata della specie sia nella zona più occidentale della conca di Erèra – Brendòl, sia nei sobbalzi rocciosi che portano dalla Casèra Erèra verso le pendici del monte M. Móndo, sia infine in tutta la conca di Campotoróndo; non mancano inoltre anche individui che hanno colonizzato aree piuttosto distanti da questi siti, spingendosi addirittura verso le alture del M. Brendòl.

La marmotta è ritornata a popolare questi luoghi grazie al successo del progetto di reintroduzione dell'Ente Parco. (Foto di Ivan Mazzon)

L’ermellino (Mustela erminea), di difficile avvistamento, è presente nei numerosi ghiaioni e macereti, mentre la lepre variabile (Lepus timidus) predilige le zone con alternanza di rocce e piccoli spazi aperti al limitare del bosco o della mugheta. Le fototrappole de “Il Sentiero dei lupi” hanno inoltre permesso di segnalare due specie di cui non era nota la presenza nell’area, quali la puzzola (Mustela putorius) ed il gatto selvatico (Felis silvestris); tra i chirotteri, risultano interessanti le segnalazioni di pipistrello nano (Pipistrellus pipistrellus) e del vespertilio maggiore (Myotis myotis), nel complesso di zone carsiche dei Piani Eterni (Grotta Isabella).

Per quanto concerne gli uccelli, le ampie praterie ospitano specie tipiche di spazi aperti e zone arbustive, come il sordone (Prunella collaris), lo spioncello (Anthus spinoletta), il merlo dal collare (Turdus torquatus), il fanello (Linaria cannabina), la passera scopaiola (Prunella modularis) e il culbianco (Oenanthe oenanthe), specie migratrice transahariana nidificante, che nei mesi estivi è facilmente osservabile nei suoi continui spostamenti fra i massi affioranti nella conca di Erèra. Tra i fringillidi è possibile osservare con buona frequenza anche il crociere (Loxia curvirostra), intento a nutrirsi con il suo particolare becco sulla cima dei larici.

Sui versanti più acclivi della conca dei Piani Eterni e fra le praterie scoscese del M. Brendòl rivolte verso il vallone di Campotoróndo non è infrequente ascoltare il verso della coturnice (Alectoris graeca), specie “Vulnerabile” secondo le liste rosse italiane dei vertebrati IUCN e ben monitorata all’interno dell’area protetta. Accertata anche la presenza riproduttiva del gallo cedrone (Tetrao urogallus) e del francolino di monte (Bonasa bonasia), nelle piceo-faggete di Pinèa, Porzìl e nel vallone di Campotoróndo; in regresso (anche per la riduzione degli spazi aperti), ma comunque significativa, la presenza del fagiano di monte (Tetrao tetrix), osservabile soprattutto nelle mughete alternate a vecchi larici, sia nella zona di Pinèa-Vallonetto, sia nella parte meridionale della conca di Erèra; nell’area sono presenti anche alcune storiche arene di canto che in termini di frequentazione hanno conosciuto momenti migliori di quello attuale. L’altro emblematico rappresentante dei tetraonidi e dell’avifauna alpina, la pernice bianca (Lagopus muta), è presente con poche ed elusive coppie nelle aree di cresta.

Pernice bianca in abito estivo su una cresta rocciosa (foto di sinistra) e gallo cedrone nel periodo autunnale (foto di destra). (Foto di Bruno Boz)

Tra i rapaci, oltre all’aquila reale (Aquila chrysaetos), osservabile con buona frequenza sia in volo, sia appollaiata su qualche posatoio (tronchi di larici abbarbicati sulle rocce, ma anche grossi massi erratici) e all’astore (Accipiter gentilis), che risale dalle aree forestate per azioni di caccia nelle praterie primarie, è importante menzionare la presenza certa di alcuni siti di nidificazione di due affascinanti strigiformi quali la civetta nana (Glaucidium passerinum) e la civetta capogrosso (Aegolius funereus); la loro presenza è prova della frequentazione del picchio nero (Dryocopus martius) e del picchio rosso maggiore (Dendrocopos major), che si spingono evidentemente fino ai limiti superiori della zona del bosco.

Tra le tante specie di passo, uno degli incontri più sorprendenti documentato dagli scriventi, riguarda l’osservazione ravvicinata di uno splendido esemplare di gufo di palude (Asio flammeus) appollaiato sopra ad un cumulo di neve nei pressi di Forcella dell’Òmo il primo ottobre del 2007. Sempre nel corso delle ricerche de “Il Sentiero dei lupi” è stata documentata la presenza del biancone (Circaetus gallicus), mentre in anni precedenti era stato segnalato l’occasionale sorvolo dell’area da parte del maestoso gipeto (Gypaetus barbatus).

La classe degli anfibi, viste le caratteristiche complessive dell’area, riserva alcune presenze piuttosto sorprendenti; tra queste, è notevole sicuramente la presenza di rospo smeraldino (Bufo viridis) nella piana di Erèra – Brendòl dove utilizza per la riproduzione, al pari del rospo comune (Bufo bufo), alcune delle grosse pozze di alpeggio. Tali siti, posti ad una quota altimetrica indicativa di 1700 m s.l.m., sono per la riproduzione dello smeraldino i più elevati del Veneto ed in assoluto tra i più alti dell’intero arco alpino.

Rospi comuni in accoppiamento presso una pozza d’alpeggio. (Foto di Roberto Sacchet)

Sempre nelle stesse pozze, ma anche nelle acque che scorrono in alcune marmitte fra le casere di Erèra e Brendòl sono presenti con buona abbondanza il tritone alpestre (Ichthyosaura alpestris) e la rana temporaria (Rana temporaria). Di difficile osservazione, ma presente soprattutto nelle zone rivolte verso Passo Fórca, Colsént, Pizzòcco, la salamandra alpina (Salamandra atra), specie elusiva e strettamente legata agli ambienti umidi rocciosi di media ed alta quota. Nella zona di Campotoróndo è segnalata anche la presenza di ululone dal ventre giallo (Bombina variegata), questo sito costituisce il massimo limite altitudinale noto ad oggi in Veneto.

Regina assoluta dei rettili è la splendida Vipera berus, relativamente frequente in tutte le zone aperte, osservabile ai limiti dei macereti o in termoregolazione sopra alle ampie distese di rocce calcaree colonizzate in modo rado da pino mugo e vegetazione erbacea; abbondante nell’area è anche l’orbettino (Anguis veronensis). Nei pressi delle pozze d’alpeggio, è facilmente osservabile la natrice dal collare (Natrix natrix), proprio una segnalazione della specie in quest’area, lungo il crinale tra il monte Palon e il monte Brendol, a oltre 2.100 metri di quota, costituisce la massima altezza registrata per la specie in Veneto e nelle Dolomiti.

Vipera berus nel suo tipico ambiente ai margini dei pascoli. (Foto di Ivan Mazzon)

Tra gli invertebrati è interessante citare, vista la loro peculiarità, alcune specie appartenenti alla fauna troglobia localizzata nel vasto sistema di grotte carsiche dell’altopiano di Erèra – Brendòl. Una campagna di indagine svolta nel 2001 ha permesso di raccogliere interessanti endemiti troglobi come i coleotteri Orotrechus theresiae e Sinuicollia dalpiazi. Specifiche campagne di studio, condotte tra il 2004 e il 2007 e finalizzate alla raccolta di invertebrati acquatici in grotta, hanno permesso di scoprire 5 specie nuove per la scienza appartenenti rispettivamente ai generi Theristus (Nematodi), Rhyacodriloiodes (Oligocheti) e Lessinocamptus, Bryocamptus e Speociclops (Copepodi); la nuova specie di Rhyacodriloides è stata battezzata aeternorum proprio in omaggio alla località di raccolta, nelle profondità dei Piani Eterni.

Anche tra gli invertebrati che vivono in superficie si segnalano presenze interessanti, come quella di Parnassius apollo specie simbolo delle farfalle alpine (inserita nella lista rossa dei Lepidotteri europei e negli allegati della Direttiva Habitat), le cui larve si nutrono su piante di Sedum e Sempervivum.

Parnassius apollo su Sedum album. (Foto di Bruno Boz)

Tra le farfalle inserite in lista rossa c’è Colias phicomone, specie legata a praterie primarie, presente soprattutto oltre i 1.500 metri di quota, e l’altopiano di Erera ospita anche una delle popolazioni più basse del Veneto di Erebia pandrose, farfalla tipicamente alpina, presente in Regione solo nelle aree montuose più interne. Attualmente sono in corso ricerche sui Ditteri Sirfidi, un’altra importante componente della fauna invertebrata; i risultati preliminari di queste indagini stanno confermando la straordinaria ricchezza faunistica di quest’area del Parco, nella quale il lupo è parte di una comunità animale articolata e complessa.

Una faggeta del Parco ribolle di vita nei momenti che precedono il passaggio di un’ombra.

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