Il monitoraggio

IL MONITORAGGIO

Come (e perché) contare i lupi con precisione

Di Enrico Vettorazzo1

1 Responsabile settori divulgazione e ricerca scientifica del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi

Una sfida difficile ma necessaria

Quanti lupi ci sono? Come sono distribuiti sul territorio? Rispondere a queste domande con precisione non è semplice, ma è molto importante, perché le risposte consentono di valutare l’efficacia delle attività di conservazione della specie e di pianificare al meglio le azioni di prevenzione dei possibili attacchi al bestiame domestico. Il lupo, come altri carnivori, è caratterizzato da basse densità di popolazione, una distribuzione sul territorio aggregata (poiché vive in branchi) e un comportamento elusivo: questi fattori rendono difficile il suo censimento. Nelle Alpi orientali, dove il lupo sta ricolonizzando spontaneamente gli ambienti da cui l’uomo lo aveva scacciato, contare i lupi è ancora più complicato, perché siamo in presenza di una situazione in rapida evoluzione, in cui si stanno formando nuovi branchi, che occupano le aree idonee ancora disponibili.

Le primissime luci dell’alba “svelano” la presenza di una pista di lupo impressa sulla neve all’interno del Parco. Seguendo la pista è possibile trovare campioni biologici utili al monitoraggio. (Foto di Ivan Mazzon)

Per avere dati precisi è indispensabile rilevare il numero e la distribuzione degli animali in modo standardizzato e ripetuto nel tempo, realizzando quindi non un semplice censimento ma un vero e proprio monitoraggio. Per pianificare il monitoraggio è necessario definire quali sono gli obiettivi che si vogliono raggiungere, perché sulla base di questi si stabilisce quali informazioni raccogliere e con quali metodi. Ad esempio stabilire in quali zone il lupo è presente è più semplice che stimare il numero di individui e per farlo si usano tecniche e strumenti diversi.

Fondamentale è poi stabilire l’estensione dell’area di studio e, di conseguenza, della popolazione indagata. Nel caso del lupo il territorio occupato da un singolo branco può arrivare anche a 300 km2 (praticamente la superficie dell’intero Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi) e un giovane individuo in dispersione può spostarsi per centinaia di chilometri (L’inizio di un ritorno), il monitoraggio quindi è tanto più utile e significativo quanto più ampio è il territorio considerato.

La vastità e la complessità del territorio di un branco rendono estremamente complesse le attività di monitoraggio. Cercare le tracce dei lupi in territori articolati come quello del Parco è come cercare la via di uscita in un intricato labirinto. (Foto di Bruno Boz)

Il lupo è una specie particolarmente protetta a livello europeo e monitorare il suo stato di conservazione è un obbligo di legge, per questo il suo monitoraggio è oggi condotto in modo standardizzato e coordinato sull’intero arco alpino e in tutta l’Italia peninsulare, allo scopo di quantificare la consistenza della popolazione e definire l’areale occupato.

Nel caso del lupo si può stimare il numero di individui presenti oppure quello dei branchi; il numero di branchi indica quante unità riproduttive sono presenti in un’area, mentre la stima degli individui considera, oltre ai lupi presenti nel branco, anche quelli solitari e i giovani in dispersione. Stimare il numero di branchi è più semplice e più preciso, stimare il numero di individui è più complesso e meno preciso, ma fornisce informazioni più complete, per questo si cerca di ottenere entrambi i dati, monitorando il numero di branchi in modo continuativo e stimando il numero totale di individui a intervalli di tempo pluriennali.

A caccia di indizi

Per definire la distribuzione geografica del lupo e quantificare il numero minimo di esemplari presenti ci si affida soprattutto alla raccolta di indizi della sua presenza, ricercando escrementi, impronte e resti di predazioni, o ascoltando i suoi ululati.

Lupi ripresi da una fototrappola posta nei pressi di una pozza temporanea nelle faggete del Parco. (Foto di Ivan Mazzon)

Anche l’uso di fototrappole permette di raccogliere grandi quantità di informazioni (post 29), ma quantificare il numero totale di esemplari si utilizzano invece metodi più sofisticati, chiamati di cattura-marcatura-ricattura (CMR). Questi metodi prevedono di catturare, dalla popolazione che si sta studiando, un piccolo numero di animali, che vengono marcati per renderli riconoscibili e subito rilasciati. Dopo qualche tempo si ripete la cattura: alcuni animali saranno gli stessi che abbiamo catturato la prima volta (riconoscibili per i segni distintivi che erano stati applicati, come ad esempio degli “orecchini” colorati), mentre altri saranno individui “nuovi”, che non erano stati catturati con il primo campionamento. Conoscendo il numero di animali marcati e quello degli esemplari ricatturati è possibile, utilizzando dei modelli statistici, calcolare il numero totale di animali che compongono la popolazione che stiamo studiando.

Questo metodo è largamente utilizzato per studiare insetti, pesci e anche mammiferi facilmente catturabili. Nel caso del lupo sarebbe troppo complicato, costoso e rischioso catturare e ricatturare gli animali, ma il metodo CMR si può utilizzare ugualmente, ricorrendo all’analisi genetica di campioni biologici provenienti dai nostri lupi e che possiamo raccogliere senza catturare gli animali, com’è il caso, ad esempio, degli escrementi.

Un escremento di lupo rilevato nei pressi di un sito di predazione. In questo caso l’escremento risulta sufficientemente “fresco” per poter essere sottoposto ad analisi genetiche. (Foto di Roberto Sacchet)

Estraendo il DNA da un escremento possiamo sapere con esattezza quale esemplare di lupo lo ha prodotto e siamo in grado di identificare nuovamente questo individuo nel caso in cui dovessimo raccogliere, in futuro, un altro suo escremento; in altre parole raccogliere l’escremento di un lupo e caratterizzarlo dal punto di vista genetico equivale ad aver “catturato” e “marcato” un certo esemplare. Se ripetiamo nel tempo le analisi genetiche sugli escrementi raccolti in una certa area troveremo escrementi di lupi mai raccolti prima ed escrementi appartenenti a lupi che ci sono già noti: se ritroviamo a distanza di tempo l’escremento di un lupo già conosciuto è come se lo avessimo “ricatturato”.

La raccolta e l’analisi genetica di escrementi e altri campioni biologici di lupo ci permette quindi di applicare il metodo CMR anche a questa specie e di sapere quanti lupi ci sono nella nostra area di studio, anche senza averne fotografato, incontrato o catturato neppure uno!

Non solo gli escrementi, ma qualsiasi campione biologico che contenga il DNA dei nostri lupi è utilizzabile per questo scopo, come peli (post 18), sangue o saliva prelevata dai fori lasciati dalla stretta mortale del lupo sul collo delle sue prede (post 11).

Il personale dei Carabinieri Forestali del Reparto CC Parco responsabile del monitoraggio del lupo impegnato nel prelievo di saliva tramite tampone in uno dei fori lasciati dai canini del lupo sul collo del cervo predato. (Foto di Roberto Sacchet)

Non disturbare!

Come possiamo raccogliere informazioni sulla presenza del lupo o campioni utili per le analisi genetiche? Esistono due metodi: invasivi e non invasivi

I primi prevedono il prelievo di campioni biologici, da sottoporre ad analisi genetica, da lupi vivi (ad esempio nel caso di esemplari catturati per essere dotati di radiocollare) o ritrovati morti. In questi casi si possono effettuare prelievi di sangue o tamponi salivari.    I metodi non invasivi sono molto più utilizzati, perché non prevedono la cattura dell’animale (o il ritrovamento di un lupo morto!) e comprendono la raccolta di campioni biologici (come escrementi o peli), il fototrappolaggio, il wolf howling e lo snow tracking.

Fase di montaggio di una videotrappola provvista di un sistema di trasmissione dei dati in remoto. (Foto di Roberto Sacchet)

Il fototrappolaggio è forse il metodo più noto: prevede l’installazione di videofotocamere che si attivano automaticamente al passaggio dei lupi (o di altri animali) e registrano brevi filmati o immagini (anche di notte). I dati raccolti con le fototrappole permettono di sapere se il lupo è presente in una data località e quindi di ricostruire il suo areale di presenza; consentono di definire un numero minimo di lupi presenti (quando vengono fotografati più esemplari contemporaneamente o se ci sono individui riconoscibili perché presentano segni distintivi particolari) e, nel caso in cui vengano ripresi i genitori con i cuccioli, forniscono informazioni sull’avvenuta riproduzione.

Il wolf howling o ululato indotto è un metodo che consiste nell’emettere, con un registratore, degli ululati, per indurre i lupi a rispondere. In questo modo è possibile sia accertare la presenza dei lupi in un’area sia verificarne l’avvenuta riproduzione, perché anche i cuccioli emettono dei vocalizzi, che sono distinguibili dagli ululati degli adulti.

Gli ululati forniscono importanti informazioni come quella del successo riproduttivo di un branco. I giovani lupi infatti, nel tentativo di imitare i genitori, tradiscono la loro presenza con un coro di guaiti scoordinati, acuti e prolungati, ancora molto lontano dall’ululato profondo e deciso che contraddistingue la specie. (Registrazione audio di Luca Ventimiglia)

Lo snow tracking è una tecnica “classica” di studio del lupo, che consiste nella ricerca, sul terreno innevato, di tracce di lupi. Quando viene trovata una traccia la si ripercorre prima “controcorrente”, nel verso di provenienza degli animali e poi nella direzione di avanzamento dei lupi, per minimizzare il possibile disturbo. Analizzando le impronte è possibile capire il numero minimo di lupi che è transitato; seguendo la traccia è inoltre possibile ritrovare escrementi (che vengono raccolti per l’analisi genetica) o resti di prede, che forniscono informazioni sulla dieta del lupo.

La ricerca di impronte, escrementi, resti di predazione, può essere effettuata anche lungo percorsi non innevati, percorrendo sentieri predefiniti e visitando i punti di marcatura: siti in cui i lupi sono soliti depositare escrementi per delimitare il territorio occupato dal proprio branco.

La fortuna non basta

Per capire quanti lupi ci sono e dove vivono possiamo dunque raccogliere molti tipi diversi di dati, usando metodi invasivi o, preferibilmente, non invasivi. La raccolta delle informazioni può essere realizzata con due modalità: il campionamento opportunistico e quello sistematico.

Rilevamento di una pista di lupi durante un transetto abituale effettuato dei Carabinieri Forestali del Reparto CC Parco nell’ambito del progetto WolfAlps. (Foto di Roberto Sacchet)

Con il primo si raccolgono dati attraverso uscite non pianificate a priori, oppure sulla base di singole segnalazioni occasionali o durante altre attività sul territorio non finalizzate allo studio del lupo. In un certo senso “ci si affida alla fortuna”. Dati raccolti in modo opportunistico non possono essere utilizzati per applicare modelli CMR, ma sono comunque di estrema utilità, perché consentono di stimare e individuare i branchi e di intercettare esemplari solitari o in dispersione che attraversano il territorio che stiamo studiando.

Se vogliamo però stimare con maggiore precisione il numero di lupi il campionamento opportunistico non basta, occorre anche quello sistematico, che si basa su una raccolta dei dati programmata nel tempo e nello spazio, effettuata lungo percorsi (chiamati transetti) e in punti predefiniti, che vengono visitati con regolarità. Questa pianificazione consente di definire ciò che gli studiosi chiamano “sforzo di campionamento” ed è indispensabile per applicare modelli matematici come quelli usati nei metodi CMR.

Dalla teoria alla pratica

Realizzare le attività di monitoraggio richiede personale qualificato, tempo, risorse economiche e, soprattutto, una forte azione di coordinamento tra tutti i soggetti coinvolti. Nel caso dell’arco alpino la pianificazione del monitoraggio del lupo adottando un metodo standardizzato e condiviso, dal Piemonte al Friuli, è stata possibile grazie al progetto LIFE Wolfalps (link al sito) che, tra il 2013 e il 2018, ha permesso di definire un quadro preciso della consistenza e distribuzione del lupo sulle Alpi, stimando la presenza, nel 2017-2018, di almeno 46 branchi e 293 individui.

Carta di distribuzione prodotta nell’ambito del progetto LIFE WolfAlps per il 2017-2018. (Marucco et al. 2018)

Nel 2019 è partito un nuovo progetto, chiamato LIFE Wolfalps EU (link al sito), finalizzato al miglioramento della coesistenza fra lupo e attività umane a livello di popolazione alpina. Tra le numerose attività previste dal progetto, che si concluderà nel 2024, vi è anche la prosecuzione del monitoraggio del lupo sull’intero arco alpino, realizzata coinvolgendo non solo partner italiani, ma anche francesi, austriaci e sloveni, perché la popolazione alpina di lupo è unica, e non conosce confini nazionali.

Il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi è uno dei partner del progetto ed è quindi coinvolto nelle attività coordinate di monitoraggio, che sono realizzate sul territorio dai Carabinieri Forestali del Reparto CC Parco. Anche le immagini delle fototrappole e le informazioni sui segni di presenza raccolte nell’ambito delle attività del progetto “ll Sentiero dei lupi” contribuiranno a costruire un quadro sempre più preciso e dettagliato dello status del lupo in questa porzione delle Alpi.

Sulle Alpi il lupo è ritornato solo in tempi recenti, ma in Italia peninsulare non è mai scomparso e anche qui, come sulle Alpi, ha progressivamente ampliato il suo areale distributivo e la consistenza delle sue popolazioni. Per questo l’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ha elaborato ad aprile 2020 un protocollo standardizzato per il monitoraggio del lupo sull’intero territorio nazionale (link al sito), che prevede l’attuazione del progetto LIFE Wolfalps EU sulle Alpi e l’applicazione di un protocollo analogo nelle Regioni dell’Italia peninsulare.

Enrico Vettorazzo spiega le principali azioni del nuovo progetto LIFE Wolfalps EU avviato nel 2019 e che si concluderà nel 2024.

La novità più importante di questa iniziativa non è tanto l’utilizzo di un singolo protocollo per la raccolta dei dati, spesso già in uso a scala locale, quanto la sua applicazione contemporanea a scala nazionale, al fine di ottenere una stima unica della distribuzione e consistenza della popolazione italiana di lupo.

Nel Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi sono stati individuati 18 transetti, per una lunghezza complessiva di oltre 57 chilometri. Tra ottobre 2020 e aprile 2021 i Carabinieri Forestali del Reparto CC Parco hanno effettuato 77 transetti, percorrendo quasi 260 chilometri e raccogliendo dati e campioni sugli indici di presenza del lupo.

Le attività svolte dal  Reparto Carabinieri Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi nell’ambito del monitoraggio del lupo.

Questo imponente lavoro di monitoraggio ha confermato la presenza di un branco all’interno del Parco, ma ha anche rilevato segni di presenza della specie in aree del Parco prima non occupate, evidenziando un ampliamento dei territori utilizzati e la necessità di proseguire con continuità i rilievi.

Tra ottobre 2020 e aprile 2021, in tutta Italia, sono stati raccolti campioni biologici da sottoporre ad analisi genetica, installate centinaia di fototrappole e 3.000 persone, tra le Alpi e gli Appennini, hanno percorso 22.000 chilometri di transetti in 18 Regioni diverse, rilevando le tracce dei lupi in modo standardizzato. Contare i lupi è impegnativo, ma è il presupposto indispensabile di qualsiasi azione finalizzata alla sua conservazione e alla convivenza con le attività umane sul territorio.